Michele Rosa
Un suo antenato di antiche origini umbre si trasferì ai primi del Cinquecento ad Urbino dove la famiglia fu iscritta al patriziato la quale, dopo circa un secolo, a partire dal Seicento, mosse a Sora per occuparsi da vicino delle proprietà fondiarie in Alta Terra di Lavoro1.
Dal carattere insofferente si volle dedicare alla pittura già fanciullo, dipingendo panorami e prospettive dalla finestra della sua camera da letto2. Il primo dipinto conosciuto è infatti datato 1938 e fa parte di una collezione privata.
Ha frequentato la scuola dapprima nel convitto di Veroli per poi diplomarsi al liceo artistico Ripetta di Roma3. Nel corso della seconda guerra mondiale, dopo l’armistizio, eluse l’arruolamento nella RSI per sostenere l’attività anti-nazista portando generi alimentari ai paracadutisti alleati finiti oltre le linee nemiche sulle montagne di Pescosolido (FR), paesino dove la sua famiglia era sfollata. Fu catturato due volte durante le retate dei tedeschi per svolgere lavori forzati per il ripristino delle strade danneggiate al fronte di Cassino e per portare le casse di munizioni ai cannoni in prima linea. Entrambe le volte riuscì a fuggire dal campo di lavoro in cui era ristretto sotto sorveglianza armata, approfittando dei bombardamenti alleati. Circostanze queste per le quali gli è stata riconosciuta dal Prefetto di Frosinone la qualifica di Internato Civile, ma per le quali non ha mai voluto accettare alcun premio, ritenendo di essersi comportato come chiunque4.
Dopo la guerra ha frequentato la facoltà di Architettura prima a Roma poi a Napoli e nel 1953 si recò negli USA (Chicago) per seguire i corsi della facoltà di “Fine Arts” nell’Università dell’Illinois, dove entrò in contatto con i nuovi orientamenti dell’Arte moderna. Qui, oltre a studiare e dipingere, per tre anni ha lavorato al cosiddetto “Betatrone”, presso il Laboratorio di Fisica Nucleare, nel gruppo di ricerca diretto del fisico italiano allievo del premio Nobel Enrico Fermi, il prof. Gilberto Bernardini5. Quest’ultimo, quasi un secondo padre per lui6, pur esercitando un forte ascendente su Michele, non riuscì a trattenerlo negli USA.
Tornato in Italia nel 1956 trascorse un lungo periodo nella capitale, all’epoca ricca vetrina di eventi artistico-espositivi ove denso era il programma di mostre, iniziative, incontri fra artisti. Era amico di Luchino Visconti e di tanti altri protagonisti del divertissement degli anni sessanta del Novecento, facendosi animatore delle serate romane all’epoca della “Dolce Vita” in cerca di ispirazione per le sue opere7. Qui su invito fu assiduo partecipante alle numerose rassegne di pittura tenute presso il prestigioso Palazzo delle Esposizioni di via Nazionale. Ricordiamo nel 1961 la Mostra-Concorso: “Roma nel Risorgimento”, (settembre e ottobre 1961)8 e la 1ª mostra degli Artisti della Ciociaria. (8-15 ottobre)9; nel 1962 la 1ª mostra collettiva ”La Ciociaria vi presenta“ (dal 13 al 25 settembre)10; nel 1963 la mostra concorso di Arti Figurative, dove una sua opera fu esposta nella sala XXIII del Palazzo (dal 27 maggio al 15 giugno)11 e la mostra Lazio A. R. C. A. R. 1963, (Associazione Regionale Culturale Artistico Ricreativa)12; nel 1964 la Iª Rassegna Nazionale di Arti Figurative “Il Lavoro Italiano”, (dal 7 al 20 ottobre)13.
Decise tuttavia di stabilirsi a Sora, siamo ancora nei difficili anni della ricostruzione, dove iniziò la sua attività professionale strettamente legata all’impegno sociale: ha insegnato a lungo Disegno nel Seminario Diocesano e Tecniche di lavorazione dei materiali (ferro, bronzo, ecc.). Ha diretto la realizzazione di opere d’arte degli studenti dell’Istituto Professionale della Pontificia Opera di Assistenza (P.O.A.). Non trascuriamo che invece di accettare l’insegnamento di Storia dell’Arte alla University of London14 aveva preferito dedicarsi ad ex detenuti e ai giovani provenienti dai riformatori per consentire un loro inserimento nel mondo del lavoro attraverso il sostegno di solidarietà e l’impegno assistenziale privo di preconcetti e pregiudizi su giovani dal passato non sempre moralmente specchiato.
Con i suoi studenti delle scuole medie ha realizzato alla metà degli anni sessanta del Novecento laboratori artistici per la costruzione di carri allegorici nel carnevale sorano15. Ha promosso l’entusiastica partecipazione di studenti promettenti a rassegne pittoriche nazionali a Sora16, Roma17 e Milano18.
Nel 1958 fondò la Pro Loco di Sora19. Dal 1961 diresse la Galleria “La Saletta” di Frosinone che per lunghi anni è stata ritrovo di artisti e letterati di livello nazionale (per es. il poeta Giuseppe Bonaviri o lo scultore Tommaso Gismondi, lo scrittore Libero De Libero, l’artista Umberto Mastroianni, ecc.)20. Considerato il capo-corrente della Controavanguardia, movimento culturale nato nella provincia di Frosinone21, ideò e organizzò le prime tre edizioni della nota Biennale di Arte Sacra di Pittura e Scultura a Sora, con il patrocinio ed in collaborazione con il Vescovado di Sora22.
Dall’aprile del 1966, avviò scambi culturali in ambito artistico con vari paesi dell’Europa orientale (Jugoslavia, Romania, Cecoslovacchia) e dell’estremo oriente (Cina, Corea, ecc.), convinto del valore unificante dell’arte come strumento di dialogo e di pace, nonostante le difficoltà derivanti dai rigidi regimi comunisti dell’epoca, che sorprendentemente diedero ampio risalto e visibilità, sulle radio e TV nazionali, alla sua attività. I carri armati russi invasero Praga proprio mentre esponeva i suoi quadri oltre cortina a Spalato e a Zagabria23. Nel suo personalissimo stile ha svolto tematiche sociali, culturali e, infine, ambientali con ideale di impegno inesauribile, ma che è diventato compito personale oltre ogni barriera naturale e/o culturale. Dal 1967 al 1971 furono lunghi e frequenti i suoi soggiorni a Parigi. Vi tornò alla seconda metà degli anni ottanta del Novecento dopo aver superato i postumi di una grave malattia invalidante24. Nel 1967 aprì a Sora l’ “Arte Club” una galleria d’arte dove ospitò artisti stranieri e grandi nomi della pittura nazionale, ma che dovette abbandonare nel 1976 in seguito di quella malattia25. Dal 1976 fece parte per molti anni della Commissione Interdiocesana di Arte Sacra a Sora.
In linea con l’intuire le trasformazioni sociali in anticipo sui tempi, alla fine degli anni ‘60 del Novecento con la sua pittura sentì di descrivere il mondo dei giovani (i “beat”) come una realtà sociale in radicale cambiamento26. Ha scritto recensioni sulla stampa nazionale e locale incoraggiando i giovani artisti e per dare impulso all’arte. Ha curato molte delle presentazioni alle manifestazioni d‘arte cui è stato invitato o di cui si è fatto promotore.
La letteratura specializzata27 gli accredita una lunga porzione della vita spesa nella missione di portare l’arte in una realtà periferica e lontana dai sacri canali che i protagonisti dell’ortodossia artistica usualmente percorrevano. Occuparsi di spostare l’attenzione sui fenomeni culturali che correvano lungo le sue terre diventava un impegno del quale volle farsi incondizionatamente carico. Poco importa se per una fortunata casualità gli fu straordinario palcoscenico proprio i luoghi del frusinate particolarmente fortunati dal punto di vista naturalistico e paesaggistico che beneficiavano dell’eredità dell’antico, intrisi di non comuni spunti folcloristici e di avida permeabilità culturale degli abitanti. Uguale destino e fortuna avrebbe avuto il suo messaggio se lo sfondo fosse stato ad esempio l’entroterra potentino oppure l’hinterland brianzolo, segno che i princìpi del provincialismo erano applicabili ovunque. L’unico vincolo imprescindibile era quello della lontananza geografica dalle grandi città e frequenti erano i viaggi nella profonda provincia di tutt’Italia per mostre e concorsi.
Dunque cambiò il valore stesso del termine “provincialità/provincialismo” che, da un senso per lo più limitativo e spregiativo, assumeva modi, abitudini e gusti non più subordinati alle scomode dominanze della capitale dalla quale si affrancava. Al contempo il provincialismo culturale e spirituale invertiva il suo disvalore acquisendo un’accezione del tutto positiva, idealista e visionaria.
Come documentano i cinegiornali dell’Istituto Luce dell’epoca (conservati a Cinecittà-Roma), nell'aprile del 1963 portò in periferia la grande Arte. Tra i principali organizzatori del concorso di “Pittura in Ciociaria” tenutosi presso l’Abbazia di Casamari e presieduto da una personalità del calibro di Giorgio De Chirico (in veste di presidente) insieme con altri pittori di fama come Eliano Fantuzzi, Felice Ludovisi, Franco Miele, Claudia Refice, Carlo Savini, Giuseppe Selvaggi, Gisberto Ceracchini, Michele Rosa era anch’egli fra i componenti della giuria.
Le tradizioni e i fermi principi che gli furono trasmessi dalla famiglia certamente avevano inciso nella scelta del ritorno ma senz’altro non vanno confusi con la determinazione delle idee che si era proposto di affermare. Dava per scontato, e del resto era evidente, che centro e periferia non fossero solamente concetti spaziali, ma entità distinte demarcanti elementi geografici di disparità sociale e di divergenza politica e, inevitabilmente, la scaturigine di aggregazioni politiche o sociali i cui risvolti economici e/o culturali erano destinati a divergere. Lavorando sulle infinite potenzialità del territorio, la sproporzione tra le due entità socio-geografiche si sarebbe ridotta. Motivo questo per agire su tutte le componenti delle quali fu abilissimo a intuire le ancora nascoste energie in via di affermazione nel lungo termine e, non ultimo, il coro dei grandi intellettuali contemporanei che non mancava di fare da risonanza alla propria terra, d’origine o adottiva. Tra questi molti furono gli habitué della sala d’arte, la galleria di Frosinone “La Saletta”, che sotto la sua gestione abitualmente o occasionalmente, potarono il loro contributo: dal poeta Giuseppe Bonaviri, al pittore Domenico Purificato, allo scrittore e critico d’arte Libero de Libero, al pittore Manlio Sarra rappresentante della “ciociarità” a Roma, agli scultori Tommaso Gismondi e Umberto Mastroianni e molti altri talentuosi come i gaetani Manlio Alfieri e Erasmo Ranucci (conosciuti in una delle edizione dei primi anni sessanta del “Porticato Gaetano”, la rassegna pittorica della città pontina), fino ai semplici frequentatori del piccolo locale di corso della Repubblica, tutti parte di un vero cenacolo del frusinate.
Malgrado gli incessanti entusiasmi, sin dall’inizio le difficoltà apparivano ugualmente insormontabili. Consapevole di trovarsi spesso solo fra l’incudine e il martello, il gallerista Rosa da un lato si dipanava fra le critiche dei colleghi pittori che godevano di rendite da posizione - e per questo restii a sostenerlo – oppure di altri che arrendevolmente non osavano sfidare lo schiacciante gravame dello status quo. Dall’altro le fatiche a convertire un pubblico periferico tendenzialmente refrattario ad assorbire messaggi formativi e artistici. Come se non bastasse l’attività pur assidua era ostacolata dalle condizioni sociali di larghi strati di cittadini che, non avevano ancora raggiunto una tranquillità economico-sociale che consentisse loro di guardare benevolmente all’arte in generale, o per poter accogliere le ventate culturali.
Va comunque dato atto che gettare le basi per ciò che è stato accreditato come un movimento di pensiero (poi battezzato Controavanguardia) il cui supporto critico teorico fu - altrettanto distintamente - riconosciuto al Rosa, non è cosa da poco. Il tempo gli ha dato ragione. Per quasi due lustri la classe lavoro fu terreno fertile per allargare il messaggio e una parte della borghesia emergente quasi da subito si era lasciata contagiare. Un piccolo locale espositivo nel suo pur breve periodo di splendore ha veicolato vorticose passioni, lusinghiere speranze, forse illusioni per alcuni. Quella “Saletta” è stata maestra di vita, bandiera d’orgoglio provinciale nella quale tanti artisti nazionali e internazionali ambivano esporre. Ma fu anche salotto modaiolo del risveglio frusinate, fenomeno di costume nel quale signore eleganti amavano farsi vedere e giovani contestatrici non disdegnavano incontrarsi per scambiare punti di vista e incontrare protagonisti carismatici. Un piccolo “non luogo” è stato così magicamente capace di tutto questo.
Per Michele Rosa pittore si venne tuttavia a costituire anche l’elemento di equivoco nel quale è stato inevitabilmente collocato: la critica a tratti lo ha osannato, il pubblico lo ha spesso frainteso, credendo che l’ostinata presenza in ambiente provinciale fosse la dimensione oltre la quale il suo pur enorme talento non lo avrebbe mai potuto condurre.
Tuttavia nonostante abbia pagato un alto prezzo in termini di pregiudizio per la volontà di affermazione di quei modelli, non è rimasto intrappolato nel clichèt dell’incomprensione. Proprio quelle idee furono la determinazione, la convinzione e lo spessore di un personaggio internazionale che per mera scelta ideologica e concettuale si era piegato a soccorrere il disastroso stato di ricettività all’arte della società di provincia, e tuttora rimane l’educatore che aveva voluto prendere per mano la sua gente sul sentiero culturale e accompagnarla verso un destino migliore.
La strada di artista ormai schivo, impegnato in una lunghissima carriera di pittore e critico d’arte, è riconosciuta con premi vinti in oltre 180 concorsi. Ha mantenuto uno spirito idealista libero da condizionamenti di carriera o di successo. Ha seguito il proprio temperamento artistico e l’amore per l’arte come mezzo di elevazione umana e culturale, strumento di promozione sociale, di sviluppo e di pace. Come egli stesso ama dire, considera una fortuna esercitare l’attività artistica che tuttora gli consente di entrare in contatto con un grande universo di persone, volti, menti poetiche così diverse nella loro umanità, alle quali ha spesso dato la disponibilità a collaborare per iniziative culturali.
Raccolta Note
1. Borella 2011-2014, p. 2351.
2. Varone 2006, p. 39.
3. Arteoggi 1992, p. 341.
4. Certificazione Prefettizia del 30 nov. 1961 prot. N. 4762/47.3 Gab.
5. Varone 2006, p. 27.
6. Varone 2010, p. 80.
7. Pocino 2016, pag. 261 e sg.
8. V. catalogo: “Rassegna di arti figurative di Roma e della regione Lazio. Mostra-Concorso “Roma nel Risorgimento”, Roma, Palombi, 1961. SBN = IT\ICCU\IEI\0023374
9. V. catalogo: “1ª mostra a Roma degli artisti ciociari, Roma, Palazzo delle Esposizioni, 8-1 ottobre 1961”, Roma, Associazione fra i Ciociari, 1961, SBN = IT\ICCU\RMR\0005259.
10. V. catalogo “I Mostra La Ciociaria vi presenta” catalogo, Roma, Palazzo delle Esposizioni 13-25 settembre 1962, Roma, Tip. S. Antonio, 1962.
11. V. catalogo: “Mostra concorso di arti figurative. Roma, Palazzo Esposizioni, 27 maggio-15 giugno 1963”, Roma, Ist. Nazionale Previdenza Sociale, SBN=SBL0134971.
12. Varone 2006, p. 62.
13. V. il catalogo: “I^ Rassegna nazionale di arti figurative Il lavoro italiano, 7-20 ottobre 1964, Sale del Palazzo delle esposizioni e galleria d’arte”. Roma, Tip. Rondoni, 1966.
14. Varone 2006, pag. 92.
15. Magnone 1961.
16. Anonimo 1961a.
17. Anonimo 1961b; Anonimo 1961c.
18. Anonimo 1962d.
19. Turriziani 2012, pag. 4 e sg.
20. Turriziani 2012, pag. 11.
21. Turriziani 2012, p. 4; Varone 2006, pag. 49.
22. Biennale 1967; Contardi 1965.
23. Varone 2010, pag. 95.
24. Nel 1967 prese parte all’esposizione di Parigi alla galleria Montmartre (Varone 2006, pag. 65, 93). Nel 1971 fu di nuovo invitato alla Mostra del “Cinquantenaire Republique de Montmartre” di Parigi ed spose inoltre alla mostra collettiva presso la galleria Salammbo, sempre di Parigi dal 22 novembre 1988 (Varone 2006, pag. 93).
25. Varone 2006, pag. 51.
26. Varone 2010, pag. 67.
27. Turriziani 2012.
Bibliografia
Anonimo 1961a = Mostra d’Arte a Sora all’Istituto Magistrale, in Il Tempo del 17 gennaio 1961;
Anonimo 1961b = Affermazione a Roma di studenti sorani, in Il Quotidiano del 15 gennaio 1961;
Anonimo 1961c = Gli studenti di Sora si affermano a Roma alla prima mostra mercato artistica, in Momento Sera del 17 gennaio 1961;
Anonimo 1961d = Studenti sorani al V premio di pittura, in Il Messaggero del 2 marzo 1962;
Arteoggi 1882 = Arteoggi, Cervia, Cidac Editore, 1992; SBN = IT\ICCU\IEI\0411952;
Borella A. (a cura di), Annuario della Nobiltà Italiana, nuova serie, anno XXXII, Treglio, S.A.G.I. Casa Editrice, 2011-2014, ISBN 978-88-95231-08-2.
Cardi 2005 = Cardi E., Cento dipinti di Michele Rosa alla città di Sora, Anagni, Ed. Real&Virtual, 2005; SBN = IT\ICCU\RMS\1397080.
Contardi 1965 = Contardi F., Artisti di tutta Italia alla mostra di Arte Sacra a Sora, in La Voce del Sud, del 27 febbraio 1965;
Magnone 1961 = Magnone G., Viva attesa per il Carnevale di Sora. Ancora una volta il rione San Lorenzo punta vincere il concorso dei carri. In Il Messaggero 9 febbraio 1961;
Pocino 2016 = Pocino W., Ricordi di Gioventù nella Roma degli anni cinquanta. Tra night club, case chiuse e teatri a sbafo, in Lazio ieri e oggi, anno LII, n. 7 – 12 (615), Roma, Edilazio Letteraria, luglio-dicembre 2016, pag. 261 e segg.;
Turriziani 2012 = Turriziani N., Provincia italiana e controavanguardia: per una storia culturale del Frusinate a metà Novecento, Napoli, TramArte, 2012, SBN IT\ICCU\TO0\1996614.
Varone 2010 = Varone G. (a cura di), Scritti di Michele Rosa, Sora, Arte Expo, 2010, SBN IT\ICCU\RMS\2362124.
Varone 2006 = Varone G., Michele Rosa. L'uomo e l'artista. Provincialità e nuove istanze culturali all'origine della contravanguardia frusinate, Ceccano, Ed. Bianchini & figli, 2006, SBN IT\ICCU\RMS\1634251.
Biennale 1967 = II Biennale nazionale d'arte sacra organizzata dalla Giunta interdiocesana A.C.I., Aquino Sora e Pontecorvo; segretario della Biennale prof. Michele Rosa, [S.l.; s.n.], 1967, Tipografia dell'Abbazia di Casamari. SBN = IT\ICCU\IEI\0271777.